Ricordi


Questo è un testo scritto la bellezza di cinque anni fa per un concorso scolastico. Ve lo propongo con un paio di modifiche (spero in meglio, io ci ho provato). In ogni caso, è stato bello ricordare...

Questa sera ho decisamente bevuto troppo. Me ne rendo conto quando mi ci voglio più di tre tentativi per infilare la chiave nella serratura della porta di casa.
Me la richiudo poi alle spalle e inserisco l’allarme – com’era il codice? 618... no, aspetta, 1648... neppure mi ricordo la mia data di nascita... riesco solo a togliermi le scarpe prima di crollare sul divano e chiudere finalmente gli occhi...

... Ricordi quella volta...

... Le affollatissime spiagge della costa romagnola che salutavano i turisti al loro arrivo.
Un mare di ombrelloni che si apriva di fronte alla distesa di acqua salata.
La sabbia bollente che sembra non sfiorare neanche i piedi dei bagnanti.
A Cesenatico, dove la vita viene messa in pausa, l’unico posto in cui per ricaricarsi è necessario staccare la spina.

... a casa di Maria, la mia prima sbronza. Un evento destinato a rimanere impresso nella memoria di tutti, tranne la mia.
Ero così ubriaca da non ricordare neppure il mio nome – o almeno questo è quello che mi hanno detto, perché io davvero non ricordo nulla di quella festa.
Racconti dicono che io abbia passato la serata a flirtare con il ragazzo che serviva da bere – forse è per questo che mi sono ubriacata a quel modo. E forse è anche per questo che poi lui si è messo con la mia amica.

... ricordo quella volta...

... un gruppetto d’isole poco lontane dalla costa dell’Ecuador. Quelle isole che a guardarle sembrano opera di un artista divino.
Isole antiche, le Galapagos, ma nuove ogni volta. Come Isabela, l’isola più grande. Una meraviglia che mai opera umana potrà eguagliare.

... quando al mare abbiamo scavato una buca enorme e vi ci siamo rifugiati dentro, Matteo ed io.
Stavamo riparati dal vento e nell’innocenza dei dieci anni, giocavamo con la sabbia, costruendoci armature indistruttibili e fantasticando di trovarci in un castello inespugnabile, assediato da un drago feroce e da una strega malefica.

... ricordiamo quella volta...

... strade innevate nella semioscurità del tardo pomeriggio invernale. Chicago, che sembra un altro mondo, non più l’America.
Per le strade, nessuno. Un freddo pungente che entra nelle ossa fino a gelare il sangue.
Il tepore di caffè da Starbucks, ammirando le luci della città.

... quando mi è sfuggita la macchina all’incrocio e sono finita dritta contro il paletto del passaggio pedonale – devo smetterla di ostinarmi a partire in seconda.
Quella volta Lisa ha assistito alla scena – così felice che fosse lei e non qualcun altro.
Così nervosa, tremavo mentre mi diceva di restare calma, mentre mi chiedeva se volevo che mi accompagnasse lei a casa.
No, non serve. Posso farcela da sola.
E intanto lo desideravo con tutta me stessa, avevo bisogno di quell’abbraccio, in quel momento.

... ricordate quella volta...

... a Glasgow, dove potevamo respirare, chiudere gli occhi e sentire il suono delle cornamuse portate dal vento.
Respiravamo un’aria nuova, diversa.
Il fiume scorreva attraverso la città, portando con sé i rumori della festa, una festa che dura per sempre.

... quando dopo lo spettacolo abbiamo preso uno dei cartelli, Michela ed io.
Ci siamo messe fuori dalla porta di casa del regista a urlare le nostre battute, sventolando al mondo il cartello che c’eravamo trascinate sul palco neanche un’ora prima.
Quell’adrenalina crescente, quell’entusiasmo che non sarebbe svanito, quella sensazione di aver fatto finalmente qualcosa di buono, tutti insieme, noi, quello sgangherato gruppo di teatranti a cui nessuno avrebbe dato un soldo.

... ricordare...

... posti diversi, momenti diversi, persone diverse...

... riapro gli occhi e quasi mi sorprendo di essere ancora a casa, sul mio divano, con i fumi dell’alcol che ancora mi annebbiano la mente.
Mi alzo barcollante, per poco non inciampo nelle mie scarpe. Riesco a rimanere in piedi, appoggiandomi allo stipite della porta.
Mi fermo sulla soglia del salotto, chiedendomi se sarò in grado di raggiungere la camera e valuto seriamente l’ipotesi di rimanere a dormire sul divano.
D’improvviso, mi torna in mente...

... ricorda che...

... “è il viaggio della tua vita, non lasciarlo passare, un’occasione così non ricapita mai più.”
Michela parlava del futuro, del mio futuro, mentre mi parlava attraverso la rete del campo da calcio. E più tardi anche qualcun altro a cena ha ripreso il discorso: Andrea, che come sempre mi spinge a fare tutto quello che è possibile.
“Goditi la vita adesso e cerca il meglio per il futuro” mi dice. Lui che ha il coraggio di realizzare i suoi sogni, di fare quello che gli piace, quello che vuole. Lui che non ha paura di lavorare e faticare per arrivare al suo scopo, fin da ora, senza aspettare che sia qualcun altro a farlo per lui.

... ricordare...

... mi stendo di nuovo sul divano e chiudo gli occhi.
È sabato sera, quasi domenica mattina ormai. La partenza è prevista per domenica sera, destinazione Scozia.
Si tratterà di un viaggio di sole due ore, un breve viaggio in aereo. Probabilmente sarà il viaggio più lungo di tutta la mia vita. Due ore sono tante, due ore permettono di pensare.
Più che un viaggio nello spazio, sarà un viaggio nel tempo, verso il futuro, nel passato – perché so quello che lascio, so in che modo lo lascio. Devo ancora chiarire a me stessa il perché...

... e allora ricordo...

... ricordo i momenti belli, ma anche quelli brutti.
Ricordo le persone che non sono più e quelle che sono ancora e quelle che saranno per sempre.
Ricordo chi mi ha incoraggiata a fare di più e chi cercava di convincermi che non ne valeva la pena.

Sono su un aereo diretto a Edimburgo, parto oggi, non so quando tornerò.
Forse domani, forse mai, forse ogni giorno la mia mente tornerà a quella che è stata la mia vita, la mia terra, la mia storia.
Un viaggio dentro me stessa, a ricordare ciò che ero, a capire ciò che sono, ad immaginare ciò che sarò.

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